La storia degli usi civici e dell'Ente

La proprietà collettiva ha origini antichissime, la gestione comunitaria delle terre dette origine alle prime forme di associazioni dette cives, storicamente anteriori allo stesso Comune.

Il Diritto romano non contemplava, invece, tra le forme proprietarie (vedasi il Digesto di Giustiniano) la proprietà collettiva.

Dopo la fine dell’Impero Romano le invasioni dei barbari furono portatrici di una cultura giuridica diversa dal diritto romano e si diffuse un nuovo tipo di collettivismo agrario: la Gesammtheit detta anche Condominus iuris germanici, cioè la proprietà a mani riunite, che rappresentò un sistema di valori giuridici diversi da quelli del diritto romano.

Il feudalesimo si sovrappose a tale sistema, l’investito del feudo conseguiva il godimento (utifrui) non la libera disponibilità dei beni.

I feudatari imposero però oneri spesso gravosi alle popolazioni le quali sostennero lotte secolari per esercitare i loro diritti.

Con l’affermarsi dei Comuni (XII secolo), le gestioni collettive mantennero la propria autonomia e sopravvissero come enti patrimoniali accanto all’ente amministrativo e politico con ordinamenti propri. La realtà dei cosiddetti usi civici seguì la millenaria storia dell’Italia e si differenziò notevolmente (ad esempio fra Nord, Centro e  Sud della penisola).

In Umbria sotto l’influenza delle consuetudini germaniche della Marca comune o Allmende, si formarono associazioni agrarie costituite come corpi chiusi di esclusiva proprietà delle famiglie originarie con esclusione  dei sopravvenuti (oggi invece a Santo Stefano dei Piccioni basta un anno di residenza per poter richiedere il diritto di utenza).

Con la formazione del Regno d’Italia (1861) lo stato unitario inaugurò  una prima grande codifica nel 1865. Le Comunanze Agrarie con il loro ordinamento giuridico anomalo erano mal viste. La proprietà collettiva era considerata di  turbamento  dell’ordine  giuridico al  cui  fulcro c’era  la  distinzione netta fra proprietà pubblica e privata. Pertanto una legge del  1894  equiparò le Comunanze Agrarie a enti locali pubblici e, tentando di favorire l’individualismo agrario al collettivismo la  legge n°1766 del 1927, non avendo il coraggio di eliminare  gli enti esistenti impedì per sempre la formazione di nuove associazioni agrarie (Comunanze, Università, Partecipanze, Associazioni ecc.). Tale legge mantenne il regime di indisponibilità dei beni civici, conservando gli usi, sottoponendoli a piani economici e a norme, vietando la vendita di frutti e il riparto fra gli utenti. Stabilì che come per i comuni le associazioni agrarie non avevano e non possono avere finalità di lucro. Le Comunanze ad oggi sono enti privati ma con finalità pubbliche all’interno del loro territorio.

La Comunanza Agraria di S.Stefano dei Piccioni  ha regolarizzato la sua posizione con lo stato Italiano fra il 1913 e il 1925.

I beni delle Comunanze Agrarie o enti similari sono di diritto civico e quindi inalienabili ed imprescrittibili.

Oggi i beni della Comunanza Agraria , tramandati dai nostri avi attraverso lotte e sacrifici, rappresentano per la frazione una importante opportunità economica alla cui gestione partecipata sono chiamati responsabilmente tutti gli utenti.

Il territorio, il paese, i beni della Comunanza

La frazione di S.Stefano dei Piccioni dei Piccioni si colloca nel versante occidentale del Monte Cologna ad una quota collinare compresa fra 350 e 370 m. s.l.m.

La sua origine come quella di altri centri della costa è quasi certamente posteriore al 1300, ed è legata alla coltivazione dell’olivo e ad altre pratiche agricole.

Il nome villa che in passato accompagnava il toponimo, indica un luogo aperto, non fortificato, dedito essenzialmente all’agricoltura. I confini fra i territori di Sant’Eraclio, Scandolaro, Cancellara e Santo Stefano dei Piccioni sembra siano stati definiti in un atto risalente al 06 Febbraio 1582. Nell’area collinare l’Olivo comparve in maniera massiccia solo dopo i disboscamenti del XVI secolo e costituiva al tempo una grande ricchezza per il territorio (in zona sorsero numerosi molini). Il 1600 per tutto il folignate fu un periodo di espansione economica, tanto che la città di Foligno fu definita “Porto di terra dello Stato Pontificio“.

Il nome della frazione (dei Piccioni) testimonia l’importanza che nel passato ha avuto l’allevamento del Piccione nelle palombare (case torri) localmente piuttosto sviluppate nel seicento. Tale volatile fino al XVIII secolo era assai diffuso nel nostro territorio poiché si cibava dei semi delle erbacce nei campi, forniva carne senza spese e, soprattutto il palombino, l’unico concime adatto alla coltivazione della canapa e del lino diffusa nella pianura ricca di acqua.

Numerose erano pertanto le palombare, case torri la cui parte superiore serviva da piccionaia. Le pareti erano intonacate e imbiancate secondo i consigli di antichi agronomi, per impedire alle «donnole e altre nocive fiere» di salire e fare strage di piccioni. La fine delle palombare, che rendevano caratteristico il paese, è legata ad una progressiva evoluzione delle pratiche agricole e alla crescente disponibilità di altri concimi (ad esempio derivanti dall’allevamento di bovini).

Dalla fine del seicento le palombare non rappresentavano più un modello edilizio, non se ne costruivano più e un secolo dopo la sorte di quelle esistenti appariva segnata. Le vecchie palombare si trasformarono in stanze o magazzini e se l’edificio era troppo vecchio veniva abbandonato. L’incuria progressiva rese le palombare facile bersaglio dei terremoti che nel settecento e nell’ottocento colpirono duramente e ripetutamente la nostra regione. Una volta lesionata, la torre colombaia era demolita in quanto il possibile crollo metteva a rischio l’aggregato di edifici circostante.

Poco al di sotto di Santo Stefano dei Piccioni , verso il Fosso Rio , esistevano un tempo due piccoli paesi (o ville) denominati Rivo (o Rio) e Flamignano. Questi all’inizio del XV secolo subirono il saccheggio operato dalle truppe di Ladislao di Napoli per cui un’ordinanza comunale impose alle popolazioni di trasferirsi nel vicino Castello di Sant’Eraclio per presidiarne la torre e le mura , detti centri una volta abbandonati decaddero.

A Santo Stefano dei Piccioni la maggior parte delle case sono state ristrutturate, un antico mulino è divenuto una signorile dimora, ma sono ancora visibili antiche abitazioni costruite con blocchi di Calcare di forma irregolare, reperiti nelle vicinanze. Di largo uso era il legno utilizzato nei soffitti e negli architravi. L’abitazione è spesso sottoposta al rustico e l’ingresso al piano superiore è facilitato dalla pendenza del terreno. Ove il pendio è lieve l’acceso al piano avviene attraverso una scala interna . Dopo la piazza principale di recente realizzazione è situata la chiesa dedicata a Santo Stefano protomartire, ristrutturata e/o quasi interamente ricostruita negli anni 70 del secolo scorso.

Il paese è piccolo ma non mancano scorci suggestivi e gode soprattutto di uno splendido panorama sulla antistante valle umbra , vasta depressione intermontana di origine tettonica. Il paese è  immerso fra gli ulivi , non distante da esso risiede una zona boscata e poco oltre c’è il sito estrattivo (pietra calcarea) di Fosso Rio, anche questo in parte di proprietà del nostro ente.

L’area si presta ad escursioni a piedi, in bicicletta, a cavallo.

Nel complesso la Comunanza Agraria di Santo Stefano dei Piccioni è proprietaria di:

  • una sede (immobile Ex-Guiducci) disposta su due piani, con sala riunioni, archivio ma anche con locali attrezzati per cerimonie e ricevimenti;
  • la vecchia sede con annesso rudere di cui è prevista ricostruzione e trasformazione in locale recettivo;
  • terreni adibiti ad attività estrattiva, ove sono coltivati litotipi calcarei, ovvero rocce originate dalla deposizione di fango carbonatico su fondali marini (tropicali) poco profondi, di età essenzialmente giurassica;
  • un piccolo bosco-pineta.

Bibliografia

Autori Vari << Le Colline di Sant’Eraclio in cinque itinerari>> Scuola media Statale “Galileo Galilei” S.Eraclio di Foligno – Dimensione Grafica Spello – (pubblicazione patrocinata anche dalla Comunanza Agraria di Santo Stefano dei Piccioni ) Luglio 1998;

Autori Vari <<Annuario Folignate 1911 con uno studio di Fabio Bettoni >> Ed. Pro – Foligno – 2011;

Baronti P. << Associazioni Agrarie di uso civico, un nuovo ruolo economico e sociale per istituti giuridici antichissimi >> relazione seminario su Usi Civici del 14 Dicembre 2000;

Boschi E., Guidoboni E.,Ferrari G., Valensise G. << I terremoti dell’Appennino Umbro Marchigiano area sud orientale dal 99 a.C. al 1984>> Istituto Nazionale di Geofisica SGA Storia Geofisica Ambientale – Editrice Compositori – 1998;
Sensi M. << Sant’Eraclio da castello di frontiera a periferia di Foligno>> Ed. Il Formichiere di Marcello Cingolani – 2012;
Tabarrini M. << L’Umbria si racconta >> Tipografia Porziuncola, S.Maria degli Angeli,Assisi,1982.